sabato 23 dicembre 2023

Auguri a tutti!

 




Auguro a tutti, Tamburisti e lettori occasionali, un felice Natale e uno splendido Anno Nuovo




sabato 21 ottobre 2023

Inesorabilmente vecchia!

 

Non so se succede solo a me.

D'accordo, tutti noi siamo bersagliati da "pubblicità mirata", per esempio, partendo dalla mia età, mi hanno spesso, sempre più spesso, presentato un profluvio di pubblicità di pannoloni per incontinenti (!), assicurazioni di sepoltura, case di riposo, sedie a rotelle/tricicli/scooter a motore per disabili...


Però da qualche tempo -1 o 2 mesi- Facebook (oltre alla solita irritante presentazione ripetuta fino alla nausea nella settimana degli unici 5-10 post degli amici che mi consente, bontà sua, di vedere e che più o meno ogni settimana cambia con altri 5-10 ripetuti tutti i giorni fino alla nausea) mi presenta anche un altro tipo di post, non proveniente dagli amici né pubblicitario.

Si tratta di un filone (se posso chiamarlo così) unico ma con tre diverse sfaccettature.

La prima in ordine di apparizione è stata quella di sconosciuti personaggi centenari che festeggiano il compleanno con una magnifica torta di alta pasticceria, che orgogliosamente affermano essere opera loro: tutti (TUTTI) questi personaggi, a loro dire, si sono iniziati all'arte della pasticceria alla tenera età di 5 (CINQUE) anni. TUTTI, nessuno per esempio a sei anni.

Terminata questa ondata, durata all'incirca un mese, è iniziata, e tuttora di tanto in tanto rispunta, quella dei compleanni di altrettanto sconosciuti centenari/ultracentenari, spesso accompagnati nel festeggiamento da parenti ancora più vecchi.

Variante sul tema. In questo caso i parenti sono più "giovani". 



L'ultima ondata in ordine di apparizione è quella dei divi: giornalmente mi si presentano glorificazioni di attori o cantanti attempati, dai 65-70 anni circa in su, fino ai novantenni come Clint Eastwood, Sofia Loren o Michel Caine. 


Intendiamoci, sono personaggi simpatici (Jamie Lee Curtis, Bette Midler, Meryl Streep, Cher, Harrison Ford, Pierce Brosnan, Paul Simon, solo per citarne alcuni) delle cui interpretazioni ho goduto e godo tuttora (ho una collezione di almeno 600 titoli di film), a volte vengono presentati con la foto da giovane e quella più o meno attuale ed è interessante vedere come chi meno ha subito la chirurgia plastica sia chi si conserva più piacente.


Poi addirittura mi hanno presentato un misto tra il secondo e il terzo tipo: attrice centenaria - con tanto di prima e dopo!




Però mi chiedo: per quale motivo questo diluvio di vecchi?

Li presentano solo a me e ad altri quasi ottantenni o è un fenomeno diffuso anche tra i più giovani?

È un "memento mori"? "Mo me lo segno" (cit.)



Non vi preoccupate, solleciti angeli custodi di Facebook, so perfettamente di essere vecchia, non occorre che me lo ricordiate. Intanto però, se me lo consentite, continuerò a vivere come ho sempre fatto, assaporando ogni momento buono e anche quelli meno buoni.


AGGIORNAMENTO 1 novembre: stanno ricominciando i pasticceri cinquenni!





venerdì 8 settembre 2023

Vendemmia, finalmente!


 

Sono felice.

La settimana scorsa, dopo anni nei quali per un motivo o per l'altro non abbiamo vendemmiato, abbiamo fatto quella che con tutta probabilità resterà la nostra ultima vendemmia.  

Il fatto è che stiamo finendo il nostro aceto, resta quasi solo la "madre" ma non vogliamo aggiungere vini "estranei" per farne altro, per cui è stato giocoforza tornare a fare il vino.

A dire il vero abbiamo approfittato del fatto che quest'anno, a differenza di altri anni in cui l'uva o non c'era o era in ritardo o era malata (e per questo avevamo rinunciato) l'uva, per lo meno la nera, era bellissima e sana. Noi ce ne occupiamo più meno nello stesso modo tutti gli anni, ma la riuscita dipende da molti fattori, in primis quelli meteorologici. 

Parlo di uva nera perché al contrario quella bianca innanzi tutto era in gran ritardo, in pratica i primi grappolini di fiori (pochi, oltretutto) sono spuntati quando i grani dei grappoli della nera erano quasi, come si dice qui, "tamaño guisante" ovvero della dimensione di un pisello. Anzi, pensavamo che non ne venisse in assoluto, invece poi abbiamo visto che qua e là qualche grappolo c'è. 

Avevamo già iniziato a mangiarne un po' : l'uva da vino ha il "difetto" di essere piena di semini o "vinaccioli", ma in compenso è molto più dolce di quella da tavola, visto che dovrà produrre alcool che nasce dalla trasformazione degli zuccheri.

Fatto sta che ne abbiamo colta una certa dose, quanta abbiamo valutato bastasse, ovvero 4 "capazos" ben colmi. Un "capazo" è un contenitore con manici, un mastello insomma, della capacità nominale di 40 litri, che usiamo per molte attività diverse, ma ne teniamo sempre da parte qualcuno pulito per la vendemmia. 




Anzi, un tempo ne avevamo molti di più, ma ora l'età ci costringe a limitarci.. Mentre un tempo ne coglievamo 9-10 capazos per ogni vendemmia (separatamente la nera - che matura prima- e poi altrettanta per la bianca), questa volta ci siamo accontentati della dose che eravamo sicuri di poter processare nell'arco della giornata.



Alla fine, scegliendo la più bella e sana e matura, in un'oretta abbiamo potuto (con fatica, magari portandone a casa metà cesta per poi aggiungerne altra "in loco" -le forze non sono più quelle dei 70 anni!) raggiungere la dose prefissata.

A questo punto abbiamo preparato lo scenario per lavorare comodamente: una bella plastica in terra per non sporcare troppo il patio con gli eventuali schizzi zuccherini di succo, vicino al palo cui mi sostengo per non scivolare, e tutti i contenitori pieni e vuoti occorrenti. 

Previo accurato lavaggio dei miei piedoni (SENZA sapone profumato!), asciugatili e infilato calzini puliti per trasferirmi fino all'uva (avevo già indosso i pantaloncini corti che uso all'uopo), tolti i calzini sono entrata direttamente nel  grande catino in cui schiaccio l'uva, dove mio marito aveva già preparato uno strato di una ventina di centimetri di uva già parzialmente deraspata. Un poco di raspo lo lasciamo sempre perché aiuta, facendo contrasto, alla rottura degli acini, che faccio diligentemente pestando bene finché si vedono acini interi.  A mano a mano (anzi, a piede!) che l'uva viene ben pestata si trasferisce in un altro "capazo" e si sostituisce con altra da pestare. In pratica, passando da un catino all'altro, mi son fatte 2 ore di "marcia sull'uva".  Non male per la mia età.

Il risultato: 3 capazos pieni per 4/5, non di più perché il mosto ribollendo non corra il rischio di traboccare, né io possa far disastri al momento della mescolatura. E sì, perché il mosto va rimestato almeno una volta al giorno con un cucchiaione di legno, per far affondare nel liquido lo strato di bucce e raspi che affiora, e far sì che le bucce cedano colore al mosto stesso. Questo per l'uva nera, mentre l'uva bianca, una volta schiacciata, viene direttamente torchiata e il processo di fermentazione lo lasciamo iniziare direttamente nelle damigianette (anche queste non riempite totalmente).



Il giorno dopo, alla prima rimescolatura, ho avuto il piacere di vedere il mosto che frizzava vivacemente.  Abbiamo un piccolo torchio, per uso familiare, da 45 centimetri di diametro, una piccolezza, ma ci è sempre stato sufficiente anche quando facevamo le due vendemmie più sostanziose.

quante belle bollicine...








Vedendo il risultato ottenuto e guardando la vigna,  ci siamo pentiti di esserci limitati tanto, vista la quantità di uva stupenda che rimaneva. Per cui abbiamo deciso, il giorno dopo ancora, di preparare altro mosto: un altro mastello e mezzo abbondante, che ha prodotto un capazo pieno per 4/5, per cui il risultato totale è stato: 6 mastelli vendemmiati da cui 4 di mosto. E sulla vigna resta ancora molta uva, protetta dall'avidità dei merli mediante il sistema... dei CD appesi: a ogni rèfolo di vento si agitano, producendo anche barbagli di luce, che spaventano un poco gli attentatori... 


Dopo una settimana di rimescolature (nel frattempo il primo mosto aveva già preso un sapore "vinoso", il secondo ancora un po' dolce) ieri abbiamo torchiato. Una volta torchiato si passa il mosto nelle damigianette, cui applichiamo un tappo speciale, che serve a far liberamente gorgogliare fuori il gas che si sprigiona dalla fermentazione. 

tappo "gorgogliatore"


Dal primo mosto abbiamo ottenuto 4 damigianette (garrafones) di vino "fiore" (solo sgocciolato) più un'altra mezza che abbiamo aggiunto al secondo mosto, ottenendo quindi un'altro garrafón di vino misto anche di torchiatura e un altro pieno per più di metà di solo mosto torchiato. Per ora non è ipotizzabile quanto vino si otterrà, dopo i due travasi previsti (dipende dalla quantità di feccia che si poserà sul fondo).

vino 1
                                 
vino 2 (separato per riconoscerlo)



Si può vedere che non torchiamo eccessivamente, il residuo appare, nel torchio smontato, ancora molto bagnato.


Le damigianette  che si usano qui sono da 16 litri nominali, con sottomultipli da 8 litri e da 4 litri. Del resto, anche se si trovassero le damigiane da 50 litri o più che vendono in Italia, non potremmo comunque usarle perché mio marito (figuriamoci io!) non potrebbe sollevarle.  

Mi sono chiesta più volte il perché di queste misure, magari risalgono a quando gli inglesi hanno avviato l'industria vinicola nelle Canarie... Infatti queste isole, che neppure Nelson riuscì a conquistare, sono però state di fatto "conquistate" economicamente dagli inglesi che ne hanno sfruttato la feracità e il buon clima, ancor prima di farne una meta turistica. Ancora adesso si riconosce l'antica presenza inglese: per esempio la peronospora qui si chiama míldiu (cfr. l'inglese mildew = muffa), una varietà di patata molto comune -oltre alle moltissime venute direttamente dall'America latina- si chiama chinegua per corruzione del nome originale King Edward eccetera.


Be', non so come verrà questo vino e conseguente aceto, però ho avuto almeno la soddisfazione di rifarmi dopo la delusione di tanti anni fa, di cui  ho già parlato qui


sabato 24 dicembre 2022

Auguri a tutti.


                     Tanti auguri a Tamburisti e lettori da parte di tutti noi...
 

martedì 6 settembre 2022

Acqua luce e gas

 Scusate, a questo punto sarete ormai stufi di leggere come si cuoce la pasta senza gas...

Molti di voi avranno detto (ho letto molti commenti del genere su Facebook) che il risultato dev'essere schifoso (ma ci avete provato?), che per cuocere la pasta l'acqua deve bollire forte, anzi a pentola scoperta (per forza, bollendo coperta l'acqua traboccherebbe!). Be', sicuramente sarete dei benemeriti delle aziende del gas. 

Personalmente, ho da vari decenni imparato a spegnere il gas prima della cottura completa per esempio delle patate bollite (provo con uno stecchino di legno, quando la parte più esterna è cotta e resta solo un "cuore" ancora duro, si può spegnere il gas, lasciando il coperchio ben chiuso, e aspettare). Anche con molte altre verdure si può risparmiare così, del resto le migliori pentole di acciaio triplo-fondo consigliano di cuocere con meno olio -o addirittura senza- e spegnendo il gas prima della fine della cottura: una buona pentola d'acciaio mantiene a lungo il calore, così come un fornello elettrico o in vetroceramica va spento prima della completa cottura perché resterà sufficientemente caldo.

Per quanto riguarda specificamente la pasta (e il riso bollito) avevo iniziato a usare il metodo di spegnimento anticipato in modo empirico. Poi, quando ho letto e fatto leggere a mio marito il metodo ufficiale, scientifico, suggerito dal prof. Dario Bressanini, ho iniziato a usarlo sempre, in modo più accurato, contaminuti alla mano.

Ma ci sono altri metodi con cui si può risparmiare il gas. Per esempio, molti credono erroneamente che l'acqua bolla prima su un fuoco molto vivace. Invece si scialacqua solo, perché la fiamma che supera il perimetro della pentola va sprecata. Qui un esempio perfetto di cottura sbagliata:


Personalmente, sto anche attenta al fornello che uso: se è nella zona troppo ventilata (ho una finestra abbastanza vicina al piano di cottura) c'è la possibilità che gran parte del calore venga sottratta e allontanata dalla pentola (come soffiare su una minestra calda). 

Qui in Canarias il gas si usa in bombole (di butano per lo più), non esiste una rete di distribuzione di gas "di città", ne usiamo una da 12,5 kg ogni 3-4 mesi (eppure cucino!). A gennaio di quest'anno l'ho pagata 17,75€ a giugno 19,55€, negli anni scorsi era alquanto meno costosa. Un'altra la usiamo per il boiler.



Poi, per chi ce l'ha, anche il boiler a gas può essere usato in modo più economico: c'è chi si fa la doccia lasciando tutto il tempo l'acqua che scorre, invece di chiudere il rubinetto mentre si insapona. (non parliamo poi -sono venuta recentemente a conoscenza di questo fenomeno- delle ragazze che usano il getto per raggiungere il piacere sessuale, sprecando nel tempo occorrente -una ragazza che conosco va avanti anche un'ora e mezza!- centinaia di litri di buona acqua potabile, oltre allo spreco di gas). Ecco, io sono come sapete perfida, però spero che nel futuro di queste donne arrivi il momento di dover bere acqua riciclata da qualsiasi origine, anche l'orina!

Sempre a proposito di acqua, spero che abbiate l'abitudine di lavarvi i denti con un bicchiere d'acqua o poco più: c'è chi non solo lascia il rubinetto ben aperto, ma copre lo spazzolino con 3 centimetri di dentifricio (come mostrano le pubblicità) che poi dovrà essere sciacquato - un mio amico dentista una volta mi insegnò che il dentifricio non c'entra nulla con la pulizia dei denti, che viene invece fatta dal movimento dello spazzolino e dall'acqua, e che in realtà lo si usa solo per il buon sapore e odore che dà alla bocca per cui ne basta una quantità grande quanto un chicco di mais.

Ho avuto da bambina e ragazzina la fortuna di dover imparare  a risparmiare l'acqua. In casa in città avevamo ovviamente l'acqua corrente, ma quando si andava dai nonni in campagna l'acqua doveva essere attinta dal pozzo in piazza (a manovella, poi divenuto automatico, bastava premere un bottone). Per attingere si usavano le brocche di rame: non ho provato a suo tempo a misurarle, a ricordo direi che dovevano contenere 6-8 litri ciascuna, salvo quelle piccole ad uso dei bambini -che così imparavano a non sprecare- di forse un litro e mezzo. Al peso dell'acqua c'è da aggiungere il peso della brocca stessa... era giocoforza non sprecare.

la brocca che usavo da bambina era così


brocca da adulti

Per lavarsi senza sprecare si usava una catinella di metallo (non come l'elegante esempio in porcellana della foto): una volta lavati viso e braccia l'acqua usata di trasferiva in un catino in terra per lavarsi i piedi, e infine trasferita in un secchio che gli adulti provvedevano a portare nell'orto per l'irrigazione, poiché all'epoca si usava il solo sapone, senza gel profumati o altro. Anche mia madre, in città, riciclava l'acqua della vasca da bagno per annaffiare il giardino.




 
Inutile dire che anche l'acqua di cottura della pasta veniva proficuamente riutilizzata: restava nel lavello di cucina in attesa dei piatti sporchi da lavare, per un primo risciacquo.

In ricordo di quei tempi, nella casetta in campagna ho chiesto e ottenuto un lavello di cucina a due seni, dei quali uno -collegato direttamente con un bidone esterno invece che con il pozzo nero- si usa solo per il lavaggio di frutta e verdura, in modo da poter riutilizzare tale acqua per annaffiare.
Qui si nota il tubo grigio proveniente dal lavello, che entra nel bidone nero sulla sinistra; non si vede, sull'altro lato del bidone, il rubinetto d'uscita a due dita dal fondo.


L'acqua piovana invece viene incanalata dai tetti e terrazze in una cisterna decisamente più grande (anche 20 m3 ovvero 20.000 litri!) che abbiamo trovato già costruita, qui usa molto.


E non parliamo dello spreco di elettricità! a parte l'enorme quantità che occorrerà produrne per le auto elettriche (che aiutino l'ambiente è una bufala criminale!), già ora se ne spreca anche in modo evitabile. Per esempio, quanti sono quelli che devono lavare delle tute da meccanico, unte di morchia, a 90º? non molti, credo. Per i miei pantaloni da lavoro nell'orto, ben sporchi di terra e vegetali, bastano 60º. Per lo più in ogni famiglia si lava biancheria da casa, camicie o magliette appena appena non più fresche, al massimo con qualche macchia da trattare prima del bucato con i prodotti appositi. Con le capientissime lavatrici d'oggi, è già difficile arrivare agli 8-9 chili, basta un bucato alla settimana a 50-60º più uno più piccolo (ma non tutte le lavatrici hanno l'opzione del mezzo carico) di tessuti sintetici, che si dovrebbero lavare a 30-40º, come dicono le etichette. Che poi, chi lava tutto a temperatura massima in genere è la stessa geniale persona col carrello del supermercato pieno di bottiglie da 4 litri di ammorbidente concentrato, quantità che dovrebbe bastare per tutta la vita ad almeno due famiglie (e solo per i tessuti sintetici), e che viene invece usata in poco più di un mese inquinando mare e falde acquifere...

Dico la verità: (sempre da perfida nera) non mi fanno molta pena le famiglie che "non hanno da mangiare" quando sprecano in questo modo.