domenica 15 giugno 2014

Nutella domestica


Chissà se Jim Webster ha deciso lui l'argomento su cui scrivere per il Post --il Washington Post, non fraintendetemi, quello lì-- il 30 maggio scorso.
O qualche commerciale gli ha detto: ecco, ci sono questi qui, amici, ahumm-ahumm, dai facci su un pezzo, ti va? Sì, urgente, ma non urgentissimissimo, fai un giro, mettici un po' di opinioni, di colore, ti va?. Ciao[1]
Jim è coscienzioso; e poi la prospettiva non era male, anzi. E si fa un giro per i deli[2].

E sentite cosa gli racconta Mark Furstenberg, 'l pastisé di Van Ness: "the taste evokes a trip to Turin, where he sipped a chocolate-espresso drink called bicerin".

Ecco, mi sto perdendo, molto, anzi del tutto. Per dire il bicerin è una di quelle cose che i piemontesi --se sbaglio mi corrigerete[3]-- contemporanei sanno che c'è ma ne sono usciti, da sempre. Serve per quelli che vongono da fuori. Perché vogliamo che vengano a trovarci, abbiamo anche la Juve, la Mole, la Sindone, la Fiat[4] e siamo la città che ha dato i natali a Paolo Brosio[5].


Comunque, in ogni caso, se c'è qualcuno che desidera saperne di più metto il link, è tutto qui: Nutella, imported vs. domestic: Is there a difference?

A proposito della mole, loro pensano che sia così:


E ai chimici viene in mente questo:


Sì, Amedeo Avogadro era di Torino. Anche Joseph-Louis Lagrange.
Ma non vorrei dare l'impressione di essere andato fuori tema. Sapete com'è, il caldo.



1. "Ciao" in italiano, nèh; o quasi, più sul "tshee-A-ow".
2. Loro li chiamano così. Delhi (e New Delhi) sono una cosa completamente diversa, non c'entra niente.
3. (cit.). Qui.
4. Oops! non più.
5. Oops! no Asti, dice la Wiki![5.1]
5.1. Dai ormai lo sapete, non lo dico più; o almeno non questa volta.

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