martedì 30 agosto 2016

Essere semplici ma non semplicisti

Io non so tradurre, magari è più chiaro nella versione originale, quella attribuita all'amico Albert:


Riguarda cose perso, sia in un senso che nell'altro, adesso vi conto.

Sto leggendo un saggio di un autore rinomato che, almeno nella versione italiana, quella che uso, risulta molto impegnativo, anche quando dice cose, tutto sommato, non eccessivamente complicate.
Ecco come ho fatto io: la frase precedente può essere semplificata, potare le inutili subordinate e parole non necessarie. Non usare forme negative quando non necessarie (ahemmm... qui due).

Adesso un Gedanken experiment: io non ne sono capace ma l'Autore cui mi riferisco va avanti per pagine e pagine senza inserire un puto-a-capo --l'esperimento è che dovete immaginarvelo, non riporto niente (nada, zilch).
E siccome descrive l'evoluzione di un fenomeno nel tempo io inserisco le date nel margine. Forse deve fare così ma io l'ho messo nel livre rouge libro nero. A proposito, cioè no, OT: la Wiki non riporta questa voce né in francese né in italiano. Si dice vero? e chissà perché cambia il colore?

Ecco questo inserto è un'altra cosa che non si deve fare; io ho addirittura dimenticato quello di cui scrivo; ho perso il filo (sono recidivo, non usare metafore a sproposito, secondo me).

Per contro se qualcuno leggesse i post sull'altro blog, quello noioso, potrebbe obbiettare, giustamente, che esagero sul semplicistico (anzi, meglio, sul semplicisticistico). Ma in questo caso ho la risposta: quando poi ti trovi a raccontare dal vivo le cose non sempre ti vengono gli esempi come dovrebbero. A meno che tu li abbia a portata di mouse già precotti, solo da visualizzare. E, sì, forse esagero.

OK, spero sia chiaro quel che volevo dire: bisogna essere semplici, anche se non al punto da esserlo troppo.

Come si dovrebbe fare. Ah! volevo dire che in questo post dove ho parlado di leggere, scrivere, e come farlo nessuna Oxford comma è stata maltrattata. Nèh!

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